KINTSUGI
L'Arte Giapponese delle preziose cicatrici
Kintsugi o kintsukuroi è un’antica tecnica giapponese di riparazione e restauro della ceramica, con l’utilizzo di oro.
Il suo significato va al di là della pura tecnica, del gesto manuale.
L’oggetto di ceramica rotto viene ricomposto utilizzando una una resina estratta dalla pianta Rhus verniciflua che si chiama urushi, Lo strato finale di lacca urushi viene poi ricoperto con oro in polvere a granulometria molto fine, e in seguito brunito con una pietra d'agata.
Lo scopo delle riparazioni eseguite con questa tecnica non è quello di nascondere il danno, ma di enfatizzarlo, incorporandolo nell'estetica dell'oggetto riparato che in tal modo diventa, dal punto di vista artistico, "migliore del nuovo". Infatti ogni pezzo ha un "disegno" unico ed irripetibile e pertanto artistico.
Kintsugi vuol dire oro ("kin"), e riunire, riparare, ricongiungere ("tsugi").
E' l'arte di ricomporre vasi e ceramiche rotte.
Cinquecento anni fa nessuno riuscì a riparare una preziosa tazza dello shogun Ashikaga Yoshimasa caduta in mille pezzi. Allora un antico artigiano decise di provare a saldarne artisticamente i frammenti con lacca urushi e polvere d'oro.
Così è nato il Kintsugi oggi praticato da pochi artigiani che per riparare una tazza possono anche impiegare un mese.
Ma quello che colpisce è la possibile analogia con ognuno di noi.
I colpi che la vita ti infligge diventano parte di te. Lasciano cicatrici? Bene.
Lasciano solchi? Meglio. Ci rendono unici ed irripetibili.
Se ti ferisci, cadi, se ti rompi, anche se finisci in mille pezzi, non buttare via nulla, ricomponiti.
Decora la tua sofferenza con lacca urushi ed oro.
Ciò che ha sofferto danni e ha una sua storia, è più bello.
Le tue cicatrici saranno la tua bellezza.
Quanti messaggi belli ci dà il kintsugi.
Non si deve buttare ciò che si rompe.
Occorre ricomporre sempre i propri pezzi.
La rottura di un oggetto non ne rappresenta più la fine.
Le sue fratture diventano trame preziose.
Si deve tentare di recuperare, e nel farlo ci si guadagna.
Non darsi per vinti.
Valorizzare le proprie unicità e le proprie cicatrici.
L’arte di abbracciare il danno, di non vergognarsi delle ferite, è la delicata lezione simbolica suggerita da questa antica arte.
Il suo significato va al di là della pura tecnica, del gesto manuale.
L’oggetto di ceramica rotto viene ricomposto utilizzando una una resina estratta dalla pianta Rhus verniciflua che si chiama urushi, Lo strato finale di lacca urushi viene poi ricoperto con oro in polvere a granulometria molto fine, e in seguito brunito con una pietra d'agata.
Lo scopo delle riparazioni eseguite con questa tecnica non è quello di nascondere il danno, ma di enfatizzarlo, incorporandolo nell'estetica dell'oggetto riparato che in tal modo diventa, dal punto di vista artistico, "migliore del nuovo". Infatti ogni pezzo ha un "disegno" unico ed irripetibile e pertanto artistico.
Kintsugi vuol dire oro ("kin"), e riunire, riparare, ricongiungere ("tsugi").
E' l'arte di ricomporre vasi e ceramiche rotte.
Cinquecento anni fa nessuno riuscì a riparare una preziosa tazza dello shogun Ashikaga Yoshimasa caduta in mille pezzi. Allora un antico artigiano decise di provare a saldarne artisticamente i frammenti con lacca urushi e polvere d'oro.
Così è nato il Kintsugi oggi praticato da pochi artigiani che per riparare una tazza possono anche impiegare un mese.
Ma quello che colpisce è la possibile analogia con ognuno di noi.
I colpi che la vita ti infligge diventano parte di te. Lasciano cicatrici? Bene.
Lasciano solchi? Meglio. Ci rendono unici ed irripetibili.
Se ti ferisci, cadi, se ti rompi, anche se finisci in mille pezzi, non buttare via nulla, ricomponiti.
Decora la tua sofferenza con lacca urushi ed oro.
Ciò che ha sofferto danni e ha una sua storia, è più bello.
Le tue cicatrici saranno la tua bellezza.
Quanti messaggi belli ci dà il kintsugi.
Non si deve buttare ciò che si rompe.
Occorre ricomporre sempre i propri pezzi.
La rottura di un oggetto non ne rappresenta più la fine.
Le sue fratture diventano trame preziose.
Si deve tentare di recuperare, e nel farlo ci si guadagna.
Non darsi per vinti.
Valorizzare le proprie unicità e le proprie cicatrici.
L’arte di abbracciare il danno, di non vergognarsi delle ferite, è la delicata lezione simbolica suggerita da questa antica arte.
"Le nostre ferite sono spesso le aperture nella parte migliore e più bella di noi".
(David Richo)
(David Richo)
Operatore Shiatsu - libera professione di cui alla legge 4/2013 - P.IVA 01827930387